"Anima violata" verrà presentato al Circolo dei lettori il 14 aprile alle ore 18.
E' il mio primo romanzo edito dalla casa editrice Ananke e per ogni copia venduta 1 euro verrà devoluto all'Associazione Telefono Rosa.
Il libro conta su una cornice grafica molto particolare in quanto fonte d'ispirazione per il celebre pittore Enrico Colombotto Rosso che ne ha magistralmente illustrato la copertina ed i personaggi con una serie di tavole inedite raccolte in un prezioso inserto.
8 commenti:
mi ha commosso ed a tratti sono rimasto coinvolto molto profomdamente molto buono
E' un libro che ti tocca l'ANIMA!
Ciao a tutti voi che leggete il blog di Barbara, sono Laura, la prima persona che ha avuto l'onore di leggere il romanzo quando ancora era un dattiloscritto.
E' un romanzo avvincente, che fa sì che chi lo legge divori letteralmente le pagine. Tocca i sentimenti più intimi e profondi dando molteplici spunti di riflessione; non è mai noioso o scontato e il finale è assolutamente inaspettato. E' un inno alla forza delle donne, e ai sentimenti in tutto tondo. Brava Barbara continua così, continua a regalarci la tua arte.
Laura
Barbara è letteralmente un angelo, sa leggere e raccontare il cuore e l'anima delle persone del nostro tempo.
Il suo romanzo siamo noi, con le nostre contraddizioni, le nostre paure, le ipocrisie, i peccati, la solitudine,
le passioni gli errori e gli orrori della nostra vita.
ANIMA VIOLATA è un inno alla donna, il vero simbolo, spesso sottovalutato, del miracolo della creazione, della gioia, dell'amore e della sofferenza.
ANIMA VIOLATA è anche un atto di fede nei confronti di una inevitabile giustizia divina che prima o poi arriva per tutti.
Dovete leggerlo.
E’ stato detto del libro…
Un quadro e un mondo che gli ruota intorno. Due donne si incontrano di fronte al dipinto che cambierà per sempre la loro vita.
In una Torino algida una studiosa d’arte e una donna dal passato sconvolgente si incontrano e mettono a nudo le loro anime. Accanto a loro si muovono amici, figli, mariti, amanti, ma su tutti emerge la figura drammatica di Laura, una donna che si sente morta e che vuole rinascere attraverso la vendetta.
I protagonisti di “Anima Violata”, edito da Ananke, rivelano paure, vivono sogni e desideri – a volte inconfessabili – pronti a esplodere travolgendo certezze acquisite e convenzioni sociali. Un viaggio intimo nella psicologia femminile. Un percorso spesso dolente fra conflitti, turbamenti e trasgressioni inaspettate, in equilibrio fra amore e odio, fra disperazione e rinascita.
“Anima violata” è una storia che cristallizza emozioni forti, catturate dai colori lividi del pittore Enrico Colombotto Rosso, capace di guidare il lettore in un viaggio, parallelo, dentro la psiche delle protagoniste; un percorso grafico fatto di segni convulsi che si snoda fra la copertina e un inserto dal forte impatto pittorico.
Il contrasto fra la storia raccontata e l’immagine dell’autrice è ambiguo: l’esordiente torinese Barbara Colombotto Rosso è una bella signora dai modi naturalmente eleganti, in equilibrio fra l’attività di copy e quella di sceneggiatrice teatrale. Una donna appassionata d’arte in tutte le sue manifestazioni. Una scrittrice al primo romanzo, lontana – almeno in apparenza – dalle dolenti e indimenticabili protagoniste di “Anima Violata”.
E ANCORA…
Non è facile, oggi, esordire nel mondo editoriale con un romanzo. Vuoi a causa di una produzione sovrabbondante, vuoi per gli spazi ristretti in cui si ritrovano schiacciate le case editrici medie e piccole, non sempre sorrette da un apparato di marketing e comunicazione capace di contrastare i grandi gruppi. Ci prova la casa editrice Ananke che pubblica il primo romanzo della scrittrice Barbara Colombotto Rosso, “Anima violata”.
È una storia al femminile: una studiosa d’arte e una donna dal passato sconvolgente si incontrano e si confrontano nel tentativo di riannodare i fili della propria vita. Accanto a loro si muovono amici, figli, mariti, amanti; ma si tratta di semplici comprimari. Il filo della narrazione resta, saldo, nelle mani delle due protagoniste, affidato alla loro voglia di affrancamento. Laura si sente morta e vuole rinascere nella vendetta, Bianca - madre, sposa e gallerista - deve ritrovare la propria indipendenza da uomini che, forse senza saperlo, l’hanno a lungo soffocata.
È un racconto di uomini e donne: due universi vicini e indissolubili, ma il più delle volte non comunicanti. Un viaggio interiore fatto di dolore e di espiazione, dove i maschi si dimostrano ancora una volta inadeguati di fronte al mistero femminile.
Colpiscono, in “Anima Violata”, la forza e il coraggio con cui l’autrice analizza sentimenti e rapporti spesso problematici con il mondo maschile. Percorsi in bilico fra eccitazione e turbamento descritti con una scrittura attenta a cogliere tutte le sfumature di amore e odio, coraggio e paura. Bella anche l’ambientazione: una Torino autunnale descritta con pochi tratti efficaci. Un palcoscenico ideale per guidare le protagoniste davanti al dipinto che cambierà, per sempre, la loro vita.
"In poco tempo quella mostra di quadri si era trasformata in una galleria di anime turbate, irrequiete, sofferenti, ferite e queste anime avevano storie molto diverse tra di loro ma con un punto in comune, il dolore. Quel luogo dal nome così carico di promesse . "Le ali", un mezzo per librarsi nell’aria prendere il volo, partire, esplorare, viaggiare, conoscere trasformare, vivere, era ora simile ad una foresta cupa, un intreccio di rami insidiosi che avviluppano, ancorano a terra, ad una terra che di una madre riesce solo più ad emettere le grida sofferenti del parto. Bianca, Max, la donna sconosciuta, ognuno di loro stava vivendo un intimo dolore e la voglia di volare era frenata da liane impossibili da recidere".
La forza del romanzo è amplificata da una cornice grafica raffinata e d’impatto, opera del pittore Enrico Colombotto Rosso, autore della copertina e di una serie di tavole inedite – ispirate al romanzo - raccolte in un prezioso inserto.
Il pittore e la scrittrice, zio e nipote uniti dall’arte
Enrico Colombotto Rosso nasce a Torino nel 1925. Nel 1950 compie il suo primo viaggio a Parigi, dove incontra Leonor Fini, Stanislao Lepri, K.A. Jelenski, molto vicini a lui per la loro espressione artistica. Poi Vienna, Siviglia e gli Stati Uniti costituiscono per l'artista altri importanti punti di riferimento: espone nelle più importanti gallerie europee e statunitensi. Si cimenta altresì nel cinema e nel teatro, disegnando scene e costumi, ad esempio nel 1970 per l'opera teatrale Le jeu du massacre di Jonesco, per il Teatro Stabile di Torino. Nel 1991 lascia Torino per stabilirsi definitivamente a Camino (Alessandria), dove inizia una nuova vita di intenso lavoro artistico, mentre si occupa meno del mercato e dell'attività espositiva. Crea immagini molto forti e spesso crude, se non violente, per i colori, gli accostamenti (rossi sanguinei, neri, argenti) e le espressioni delle figure che "urlano" tutto il dramma interiore dell'umanità.
“Enrico Colombotto Rosso, tra i pittori più significativi del XX secolo, insieme a De Chirico, Savinio, De Pisis, Boccioni, Leonor Fini, Stanislao Lepri può essere definito con un termine francese Insoumis, cioè quegli artisti ribelli, insofferenti, indomabili, mai sottomessi alle norme ed alle mode per estrarre l’aspetto più luminoso, anticonformista, originale dalla nostra società.
La pittura di Enrico è stata sin dalle origini drammatica, convulsa, aggrovigliata e nello stesso tempo dominata da un profondo senso di pietà, commozione, malinconia, nostalgia del bello, dell’anima, della speranza. Ha spesso dipinto le vicissitudini dell’uomo preso dal vortice del suo destino, sospinto verso qualche abisso, offeso e mutilato dalle leggi del caso, ma fortunatamente vi è il sogno che lo protegge, lo salva, l’ultima forma di conoscenza che gli rimane, quando gli dei tacciono e nessuno più risponde al suo appello. Il sogno è la sua pittura e la sua pittura è il sogno. Il quadro è come un gorgo pronto a ricevere tutto, a custodirlo, a restituirlo dopo averlo digerito, è il passaggio segreto dal visibile all’invisibile, dal sogno alla realtà e viceversa. Sembra che la superficie dei suoi quadri sia un po’ concava, come uno specchio oscuro, che riflette quello che esiste ma anche quello che non esiste.”(Janus)
Enrico ha accettato di illustrare il mio romanzo con grande entusiasmo, io avevo chiesto timidamente la copertina ma lui, che si è autodefinito un “tipo esuberante”, ha dipinto sei tavole di una forza ed intensità straordinarie. Mi ha confidato che non è stato un lavoro semplice, generalmente dipinge su un tema e poi gli altri scrivono, qui ha dovuto seguire il procedimento inverso adattando con grande sensibilità il suo mondo al mio.
Ciò che mi lega a mio zio è qualcosa che va oltre il mero legame familiare, è un rapporto basato sull’affetto ma anche sulla stima, indiscussa la mia nei suoi confronti, dichiarata la sua nei miei alla presentazione ufficiale di “Anima violata” quando davanti a più di duecento persone ha affermato : “Faccio gli auguri a mia nipote che è l’unica della famiglia ad essere veramente un’artista, in molti ci hanno provato, ma lei lo è davvero”, credo che oltre non potesse dire.
Nel rileggere alcuni passi di una lunga recensione del critico Janus ad una mostra di Enrico, ho evidenziato alcuni aspetti che in qualche modo accomunano la sua pittura alla mia scrittura, particolare notato da molti. La forza, l’energia, la crudeltà con cui ritrae una realtà che troppo spesso non vogliamo capire e vedere, per esempio sono aspetti grazie ai quali mi è stato detto che io scrivo come Enrico dipinge, i suoi nudi che mettono in crisi chi li osserva ed i miei definiti spesso “scabrosi” volutamente provocatori per far riflettere su un concetto troppo spesso strumentalizzato ad uso e consumo di chi il nudo lo sporca facendolo diventare volgare.
Di qui la mia intenzione di “spogliare” la donna proprio per far venir meno quella voglia di scandagliarla, farla a pezzi per sciogliere un mistero per sua natura impenetrabile. E poi il concetto del destino, della casualità che spinge l’uomo verso gli abissi è un aspetto dominante nelle mie pagine, così come il sogno, quella dimensione onirica grazie alla quale tutto è concesso, dalla fantasia bambina alla trasgressione adulta, a quell’erotismo che fa parte di un’intimità femminile troppo spesso non ammessa, né riconosciuta. Come per Enrico il sogno è la sua pittura e la sua pittura è il sogno così il sogno è la mia scrittura e viceversa. Ecco l’importanza del quadro nel mio romanzo, di quello specchio “oscuro” che ho anche descritto in un passaggio, di quella superficie concava che riflette quello che esiste ed anche quello che non esiste.
Il libro ha toni spesso molto forti toccando tematiche difficili da trattare come la violenza sulle donne ma questo non è il tema principale del romanzo che è l’amore, un amore inteso come sentimento puro ma anche come passione, forza primigenia, costruttrice e devastante al tempo stesso, un amore che può far nascere e morire nello spazio di pochi gesti, di pochi attimi.
La speranza, la possibilità di riscatto nei confronti di qualunque forma di dolore, causato o vissuto, sono comunque possibili sino a che la nostra anima avrà capacità di compatire, commuoversi, sperare.
Quando lo scorso anno ho preso il libro di Barbara, la prima sorpresa e’ stata quella di accorgermi di leggerlo rapidamente e con emozione. L’ho finito in pochi giorni, e mi ha coinvolto. Certo, una parte dell’emozione era dovuta al fatto che stavo leggendo un romanzo scritto da una compagna di scuola, Colombotto Rosso Barbara, proprio lei, la ragazzina della Terza B. Ma in realta’ ero davvero coinvolto dalla storia, dai personaggi, dai luoghi, dal ritmo. Mi e’ piaciuto tutto, il libro, le illustrazioni del grande zio, e anche le musiche di Luigi Antinucci. L’altra sorpresa iniziale, non posso negarlo, e’ stato il modo in cui Barbara parlava del sesso: non me l’aspettavo. Non ci ho trovato nulla di volgare, né tantomeno mi ha turbato. Aperta parentesi, noi che oltre trent’anni fa leggevamo Jong e Bukowski buonanima, cosa potrebbe turbarci oggi ?! chiusa parentesi. Pero’ da Barbara non me l’aspettavo. Ricordavo l’adolescente quieta e compita che avevo ritrovato, dopo tanti anni, coerentemente evoluta in una signora raffinata ed elegante. Non mi sembrava un tipo e un carattere tale da scrivere certe cose e darle in pasto al pubblico, agli sconosciuti, a chiunque. Ma si sa che le donne sono una sorpresa continua… Scorrendo le pagine, ho poi cominciato a incuriosirmi e a chiedermi due cose: quanto ci fosse di autobiografico nel personaggio di Bianca e se per caso l’intera storia avesse qualcosa di reale, o per lo meno si ispirasse a qualcosa di realmente accaduto. A me Bianca sembrava proprio la copia di Barbara, ma magari mi sono sbagliato. Chissa’ quante volte avrai gia’ risposto a queste domande, scusami se non sono informato. La storia ruota tutta intorno alla violenza subita da una donna e mi sembra molto bello il modo in cui sono descritti e analizzati i sentimenti (amore, paura, coraggio, rimpianto, speranza, ecc.), quasi che siano loro i veri protagonisti e non i personaggi che li vivono. Mi ha pero’ colpito il fatto che i protagonisti maschili abbiano tutti qualcosa di negativo (psicotici, gay, mariti distratti, infedeli). Insomma, sono sincero, ho sentito un po’ l’alone della solita storia della prevaricazione maschile e delle donne creature superiori, pure ed eternamente vittime. Certo non discuto gli atti criminali, quelli devono essere puniti senza pieta’. E quanto sia attuale purtroppo il problema lo vediamo ogni giorno, per cui ogni sensibilizzazione al riguardo merita rispetto e appoggio. Pero’ (ve la faccio sapendo che e’ una domanda provocatoria) partendo da queste violenze si puo’ dire come fanno molti che in generale oggi la donna e’ ancora succube e vittima dell’uomo? Nel nuovo millennio, a molti decenni dall’inizio della sacrosanta emancipazione femminile, nella nostra civilta’ occidentale (lasciamo perdere le altre culture) e’ ancora vero? Io penso che ormai succeda normalmente anche a noi uomini di essere discriminati e vittime di una violenza, in famiglia, sul lavoro, magari non fisica ma psicologica, anche se nessuno ne parla e molti non trovano neanche il coraggio di ammetterlo. E mi pare che tutti indifferentemente, donne, uomini, giovani e vecchi, siamo vittime di una mancanza di rispetto reciproco. Siamo tutti un po’ anime violate, o almeno ferite, vittime di questo modo di vivere che non piace a nessuno, ma che tutti insieme ci siamo costruiti pian piano, senza immaginare in quale trappola ci stavamo cacciando. Se ne potrebbe parlare per ore, ed e’ comunque il segno che questo libro ti porta a fare delle riflessioni. Che altro? ci sono molte altre cose che mi sono piaciute, ad esempio certi ambienti, fisici e astratti, come le strade di Torino, le luci di una metropoli americana viste dalle finestre di un hotel, le silenziose sensazioni date da un dipinto o i pensieri durante una corsa in taxi verso un aeroporto. In molti casi mi e’ venuto da pensare “anche per me e’ stato cosi’, anch’io lo avrei descritto cosi’”. E in questa familiarita’ credo ci sia lo zampino del fatto di essere coetanei. Come ho gia’ detto a lei, io sono convinto che essere coetanei sia una forma di complicita’ fortissima. Il libro e’ pieno di echi, di cose che si possono capire al volo, senza troppe parole, solo perche’ si e’ stati bambini insieme “in quegli anni li’”, si e’ cresciuti nelle stesse piazze e ci si e’ innamorati respirando la stessa aria, ascoltando la stessa musica. E poi diventando genitori in quegli stessi giorni, con le stesse notizie sui giornali, e via dicendo. A me capita spesso di incontrare e conoscere persone: quando ci si rende conto di essere piu’ o meno della stessa annata, scatta subito un sorrisetto, si passa dal lei al tu, ci si intende, succede anche a voi? “My generation” significa qualcosa. Comunque Barbara, complimenti, noi compagni di classe possiamo essere fieri di te, davvero. Lasciami scherzare un po’, sei riuscita persino a mettere in uno dei punti piu’ drammatici del racconto, una giustissima protesta contro i camion della spazzatura che intralciano il traffico proprio nell’ora di punta, quasi una lettera a Specchio dei Tempi! Ovviamente non ci resta che aspettare con curiosita’ il prossimo libro di Barbara, chissa’ di che si tratta, ma lasciaci la sorpresa...
Ragazzi, che dire... ma quante idee e quanta energia nelle vostre parole scritte. Vi invidio. Un po'. Molto.
Il libro? L'ho letto. L'ho riletto. Non sono in grado, tuttavia, di scrivere un giudizio neutrale, per via della ragazzina della terza B che occhieggia da una finestrella temporale vecchia di quarant'anni: rischierei un elogio piatto. Gli elogi piatti si fanno solo alle persone che non ci coinvolgono. Non è questo il caso.
Provo, comunque, a essere neutro e distaccato, facendomi un po' di violenza.
Vediamo: si tratta di una discreta "opera prima": non è il Libro Memorabile, ma non è neppure uno dei soliti libelli pretenziosi che arrivano troppo spesso nelle redazioni. Anzi: è un bello scritto sostenuto da una storia forte. E non guarda fisso all'ombelico di chi scrive (io racconto, io vi spiego, io vi illumino, io che ho vissuto, ecc).
Ho avuto qualche difficoltà a inquadrare "Anima Violata": fare schemi in cui cristallizzare giudizi e sensazioni mi dà sicurezza. La tua storia, Barbara, non è un giallo. Non la posso neppure considerare un noir: anche se ne ha la tensione, non esibisce un ritmo muscolare, soprattutto nella prima parte.
È una storia dolente. Situazioni che fanno pensare; forse alcuni personaggi mi sono sembrati un po' prevedibili, ma mi piace come le protagoniste si raccontano. Mi emoziona il modo in cui vivono la loro sessualità: sia passiva, sia attiva. E mi sono piaciuti certi intrecci narrativi.
Forse il cambio di marcia fra la parte mondana che apre la storia e il cuore del racconto è un po' improvviso, ma potrebbe essere parte integrante dello stile narrativo. Non saprei.
Comunque brava. Brava Barbara, davvero.
Non mi piace, però essere troppo dolciastro e far troppi complimenti e birignao. Spazio alla critica, allora.
Il libro, secondo me, ha un problema: l'allestimento tipografico.
Personalmente ho trovato poco efficace l'uso dei disegni. Non sono stati valorizzati. Cacchio: sono dei GRANDI DISEGNI! Quando si dispone di un simile patrimonio grafico lo si enfatizza e non lo si butta lì, a chiudere, come se si trattasse dei promo di altri libri dell'editore.
Immagino che i disegni siano stati raggruppati e non suddivisi fra i capitoli per questioni legate ai costi di stampa. In questo caso li si poteva, però, inserire al centro del libro, corredandone ciascuno con una frase allusiva estratta della storia. Barbara: perdona la "tirata", ma quei disegni li ho osservati a lungo. Mi hanno comunicato violenza e pace, paura e mistero. E avrei volentieri strangolato il tuo editore...
Sono in chiusura. Vabbè... avrei preferito evitare, ma mi sembra si obbligatorio accennare all'argomento principe di noi maschietti e - ma dai? - importante anche per voi femminucce: l'erotismo e la sessualità che colorano il racconto.
Anzi: l'erotismo e la sessualità raccontati dalla bella ragazzina della terza B.
Beh, sì. L'ammetto. È stato un colpo. Ho fatto un discreto salto sulla poltrona quando ho letto alcuni passaggi forti del libro. Un conto è leggere parole di autori lontani. Tutt'altra storia se a raccontare è - appunto - un conoscente o la ragazzina garbata della terza B. Evidentemente ho i miei problemi da risolvere...
Concludo con uno sguardo perplesso al mio ombelico per cercare un ultimo aggancio al testo dell'ex compagna di classe.
Proviamo: la sessualità rimane - per me - un gran casino. Un po' come la morte. Due aspetti della quotidianità che non sono capace di vivere con naturalezza e che spesso carico (carichiamo?) di aspettative eccessive, ansie, paure e varie contorsioni mentali.
Ecco, allora, che il libro di Barbara mi colpisce. Più dell'adolescenziale accoppiata Bukowski-Jong recuperati da Marcello nei ricordi di qualche decennio passato. Colpisce e mi lascia esterrefatto - a 52 anni - a riflettere. E questo significa - Barbara - che hai fatto un eccellente lavoro.
Posta un commento